Tradurre e viaggiare. Viaggiare traducendo. Tante volte, quando parlo del mio lavoro a chi ne sa poco o nulla, mi sento chiedere: "Ma i traduttori viaggiano?". Sarò sincera, il nostro lavoro non prevede emozionanti viaggi intercontinentali o trasferte in chissà quali località remote. I nostri grandi viaggi, al massimo, hanno luogo dalla scrivania al frigorifero. Detto ciò, abbiamo la possibilità di compiere altri viaggi, altrettanto entusiasmanti. Ogni traduzione, infatti, rappresenta un mondo a sé. Ho da poco terminato la traduzione di un visual novel che ho amato moltissimo. Mi sono affezionata alla protagonista e a tutti i personaggi che compongono il suo universo narrativo. Grazie a lei ho imparato la terminologia del golf, sono andata in un poligono di tiro, ho solcato il mare a bordo di uno yacht e sono sopravvissuta a diversi tentativi di rapimento. A distanza di pochi giorni mi sono cimentata nella traduzione di alcuni documentari incentrati sul mondo dello skateboard, argomento del quale sapevo poco o nulla. Ho studiato, mi sono documentata, e alla fine sono "partita" con il protagonista alla scoperta dei migliori skatepark, dalla Cina alle Hawaii, dagli Stati Uniti alla Germania. Per non farmi mancare niente, ho accompagnato alcuni musicisti alla ricerca del suono perfetto. Ho percorso centinaia di chilometri, a piedi e in autobus, alla ricerca dei suoni più autentici che Turchia e Russia avevano da offrire. E l'ho sempre fatto in modo discreto, senza far sentire la mia voce. Ho seguito silenziosamente i protagonisti di queste meravigliose avventure, ma sono riuscita a fare tesoro delle loro esperienze come fossero le mie. Sì, perché quando premo il tasto "Invio", ho sempre la sensazione di spedire una sorta di diario di viaggio. Sviluppo un attaccamento morboso nei confronti delle mie traduzioni, quasi mi dispiace il fatto di doverle condividere con il mondo. Ma allora, i traduttori viaggiano? La risposta è "sì". Viaggiano parecchio.
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