Giunta al venticinquesimo giorno di quarantena, ho deciso di fare un bilancio di questo strano periodo. Cos'è cambiato, dal punto di vista professionale, nella mia vita di traduttrice? Ad essere sincera, quasi niente. Sembra la frase di uno strano meme che potreste trovare su Facebook o LinkedIn, ma è la pura verità. Per noi traduttori freelance, strani essere che arrivano a diventare tutt'uno con il computer, i cambiamenti sono stati davvero minimi. PC perennemente acceso, cuffie collegate, tastiera wireless, tisana fumante e webcam a forma di TIE fighter di Star Wars. Avrei voluto dire Guerre stellari, ma avrei fatto la solita figura del traduttore-dinosauro, quindi provo a svecchiarmi. Se vi state chiedendo che aspetto abbia questo oggetto misterioso, è presto detto: Bella, eh? Dai, non deludetemi!
Detto ciò, ho grandi speranze per i mesi e gli anni a venire. Questo terribile periodo dovrebbe averci dato una lezione fondamentale, e cioè che lo smart working sia ormai una realtà quanto mai praticabile. Sono stufa marcia di questa espressione, se preferite parlerò di telelavoro, ma il succo è lo stesso. Mesi di lavoro a distanza, di telefonate ed e-mail dovrebbero averci insegnato che lavorare da casa è possibile. Noi traduttori freelance siamo stati gli apripista di questa sana abitudine, un'abitudine che permette di risparmiare moltissimo in termini di carburante, luce e gas. Meno strade congestionate dal traffico, meno scene di delirio collettivo sui mezzi pubblici, in tangenziale o in metropolitana, meno pranzi di lavoro e, soprattutto, meno stress. Ogni rosa ha le sue spine, come recita il detto. Qual è il rovescio della medaglia di questa situazione? Se devo essere sincera, non trovo troppi lati negativi. Chi è ancora scettico nei confronti di questa modalità di lavoro ritiene che la gestione del proprio tempo possa essere irrimediabilmente compromessa. Come faccio a lavorare, se ci sono TV, frigorifero e Netflix a portata di mano? Semplice: organizzandoti! Agenda alla mano, ti basterà inserire le scadenze da rispettare. Se ce la facciamo noi traduttori, non vedo come questo sia impossibile ad altri professionisti. Altra possibile obiezione: la sciatteria. Se lavoro da casa, mi aggirerò in pigiama e pantofole, senza più curarmi dell'aspetto fisico. Niente di più falso. Per quanto io sia una grande sostenitrice della comoda tuta da casa, non penso di aver perso la mia dignità, in questi anni. Seguite la normale routine di bellezza, applicate quintali di crema, se questo vi fa sentire bene, truccatevi, fatevi la piega... Non vi vede nessuno? Pazienza! Sarete belli/e per voi stessi/e! O per il vostro gatto... E voi come state vivendo la quarantena? In pantofole o tacchi a spillo?
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Francesca PerozzielloLe mie riflessioni sul mondo della traduzione e non solo. Archives
May 2023
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