Tradurre le cosiddette lingue morte è un ottimo esercizio di traduzione. Non amo particolarmente l'aggettivo "morte" perché si tratta pur sempre di lingue che hanno avuto, come tutte, una loro evoluzione e uno stretto legame con i popoli che le parlavano. Qualche giorno fa, rispondendo a un bel commento di Beatrice Ceruti su un mio precedente post, mi sono venute in mente le numerose versioni di greco e latino affrontate negli anni del liceo. Forse, leggendo questo post, qualcuno di voi ripenserà con orrore ai cinque anni trascorsi su quei pesanti dizionari e i relativi libri di grammatica. È vero, anche io non avevo certo 9 e 10 in quelle materie, anzi... Eppure, a distanza di qualche anno dal mio diploma (non chiedetemi la data esatta), posso affermare che le famigerate versioni di latino e di greco sono state un ottimo esercizio per la traduttrice che sarei diventata un giorno. La razionalità del latino e le mille sfumature del greco mi hanno permesso di approcciarmi ai videogiochi, alle serie TV e ai film che traduco con uno sguardo diverso, forse più aperto, e non smetterò mai di ringraziare quelle lingue antiche per il loro contributo. Adesso passo la palla a voi, cari traduttori e care traduttrici della mia rete: cosa ne pensate?
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Francesca PerozzielloLe mie riflessioni sul mondo della traduzione e non solo. Archives
August 2023
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