Barlafüs
Oggi, 17 gennaio, si celebra la giornata nazionale del dialetto e delle lingue locali. Sono nata e cresciuta a Milano, quindi la parola che vi propongo nasce proprio in Lombardia. Il termine barlafüs, che di base indica un oggetto inutile, si usa anche (e soprattutto) per indicare una persona incapace. Chi è quindi un barlafüs? Un incompetente, uno che "occupa tanto spazio per nulla", proprio come un oggetto molto ingombrante ma inutile.
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«Ti disturbo? Stavi facendo qualcosa?»
«Scrivevo.» «Ah, ok, allora no.» (A. Basso, La scrittrice del mistero) Ho preso in prestito le parole della bravissima Alice Basso perché rendono perfettamente l'idea. Quanto è difficile, per noi che ci guadagniamo la pagnotta proprio con le parole, far capire alle persone che scrivere è un lavoro come gli altri? Mi riferisco non solo ai traduttori, ma anche a copywriter, giornalisti e, in generale, a tutte quelle figure professionali che si avvalgono della scrittura per dare forma ai messaggi da veicolare. Vi è mai capitato di dover spiegare a qualcuno che scrivere è un lavoro a tutti gli effetti? Fatemelo sapere nei commenti! 😊 È tutto un magna-magna. Last night I watched an Italian comedy that made me think about this peculiar Italian set phrase. If translated literally, "magna magna" means "eat eat", but this wouldn't be the proper translation. When do we use this set phrase? Italian people say "è tutto un magna-magna" when accusing the government, politicians or local administrations of not doing their job properly. Therefore, it is a way to express frustration and a bit of anger towards the institution or people we are accusing. Why do we say "magna"? It is a dialectal form, specifically from Lazio, of the Italian verb "mangiare" (to eat). That way, we say that politicians are deceiving the citizens by eating all their money. Do you have a similar catchphrase in your native language? Please let me know. :) When translating a sentence from English into Italian, you can come across many "false friends".
This can happen also when you translate from other languages, e.g. Spanish or French, but here I would like to focus only on the false friends of this specific translation pair. Many English words resemble Italian words, so we have to pay attention in order to translate them appropriately. Here below you will find a list of some false friends that are often translated in the wrong way, especially in audiovisual and marketing translation: DECADE: ✔️ Decennio (10 years) ❌ Decade (10 days) TERRIFIC: ✔️ Magnifico ❌ Terrificante (frightening) DELUSION: ✔️ Illusione ❌ Delusione (disappointment) CAMERA: ✔️ Videocamera/Fotocamera ❌ Camera (room) RUMOR: ✔️ Diceria, pettegolezzo ❌ Rumore (noise) DECADENT (a DESSERT): ✔️ Godurioso ❌ Decadente (in a state of moral decline) ASSUMPTION: ✔️ Supposizione, presupposto ❌ Assunzione (hiring) Are there any other false friends that you cannot stand? Please let me know! Leggere, rileggere, tradurre e poi correggere.
Sono azioni abituali per noi traduttori, così abituali da farci credere che la traduzione possa essere una sorta di preparato chimico il cui risultato è sempre garantito. Ma per fortuna o purtroppo, le cose non stanno così. Ogni traduzione è un mondo a sé, un piccolo universo fatto di idee, dinamiche e regole diverse, in cui spesso ci troviamo a mettere in discussione tutto ciò che davamo per scontato. A differenza di una formula matematica, un testo creativo può essere tradotto in molteplici modi, a seconda della sensibilità del traduttore/traduttrice e delle proprie esperienze. Come il termine greco φάρμακον (pharmakon), che tra i suoi significati comprende sia rimedio sia veleno, così ogni traduzione è un sapiente equilibrio di ingredienti da dosare con attenzione. Tradurre (bene) non è semplice. Non ci sono schemi precisi o metodi infallibili capaci di garantire un risultato efficace. Ma il fascino della traduzione risiede proprio qui. Se il risultato di ogni traduzione fosse già scritto, non avrebbe senso provare a rendere nella propria lingua quell'insieme di emozioni, pensieri e sensazioni che è nostro compito veicolare con le parole. We don't say "ciao" in Italy.
Well, we usually say "ciao" to greet friends, relatives or someone we are very close to, but we would never say "ciao" in a formal situation. It is a very informal and familiar greeting, and you can't use it whenever you like. Italy is one of the most-visited countries in the world, so it is likely to hear tourists say "ciao" when greeting staff in a restaurant or hotel. I hate to break your heart, but an Italian native speaker would say "buongiorno" or "buonasera" when entering a restaurant and "arrivederci" when leaving. Each country has so many different ways to greet people, and I admit it is hard to remember all of them! So, next time you visit Rome, Florence or Verona, I hope you'll remember my hint. Fatture!
Come ogni 1° del mese, oggi è il giorno dedicato all'invio delle fatture. Noi freelance lo piamo bene, non esiste solo la componente creativa del nostro lavoro. Dopo un intero mese trascorso a inventare giochi di parole e a rendere in modo efficace le espressioni idiomatiche nella nostra lingua madre, ecco il momento della contabilità. Lo so, è la parte meno romantica del nostro lavoro, ma serve anche quella. Siamo pur sempre imprenditori e imprenditrici, quindi non dobbiamo sottovalutare questo passaggio tanto importante. È giusto essere ripagati dei nostri sforzi, specialmente in un mestiere che richiede creatività, flessibilità e capacità di organizzazione. E voi come vivete il 1° del mese? I traduttori non hanno poteri magici.
A volte farebbero piuttosto comodo, ma non fanno parte dell'arsenale di risorse a nostra disposizione. Quando sono alle prese con una traduzione particolarmente ostica, vorrei tanto conoscere le formule magiche di Mago Merlino e Maga Magò, ma purtroppo non le ho ancora imparate. Ecco di seguito una breve guida per capire cosa possiamo fare senza ricorrere alla magia e cosa, invece, è fuori dalla nostra portata. Sì Leggere un testo in modo approfondito e capirne le varie sfumature Non smettere mai di perfezionare le lingue apprese e/o impararne di nuove Affinare la scrittura tramite il continuo esercizio Svolgere interminabili ricerche sui più disparati argomenti Interrogarci sul significato nascosto di tutto ciò che leggiamo Fare del nostro meglio per tradurre un testo nella nostra lingua madre (Lavorare con un gatto come fido consigliere) No Tradurre e interpretare al volo la prima canzone che vi passa per la testa Rispondere su due piedi a domande del tipo "Come si dice cincillà in aramaico?" Tradurre un libro di 40 cartelle in un'unica giornata lavorativa Affrontare un testo complesso e specialistico senza uno straccio di glossario Rinunciare a giorni di relax o vacanza perché tanto "lavoriamo da casa" Avete altre voci da aggiungere alla lista? Fatemelo sapere! Su LinkedIn possiamo imbatterci in post di varia natura. Alcuni li leggiamo con interesse, altri li scorriamo in modo superficiale e altri ancora li evitiamo. Ci sono post in grado di farci ridere, commuovere, gioire e riflettere su questioni più o meno serie. Cosa fa sì che un post attiri la nostra attenzione? E cosa, invece, suscita immediatamente il nostro sdegno o disinteresse? Ho pensato, in modo un volutamente polemico e provocatorio, di elencare le tipologie di post che amo leggere su LinkedIn e quelle che, al contrario, proprio non posso sopportare. LinkedIn Sì - Consigli pratici per organizzare al meglio la routine lavorativa, soprattutto per freelance - Riflessioni sulle lingue e le espressioni idiomatiche - Esempi concreti tratti dall'esperienza lavorativa, per esempio: "Quella volta che ho tradotto un manuale di istruzioni per yacht e non sapevo da dove cominciare" - Segnalazioni di seminari, webinar o corsi di aggiornamento - Scambi di idee fra professionisti di uno stesso settore - Post dedicati al proprio lavoro, alle sue caratteristiche positive e negative LinkedIn No - "Anche stavolta ho ultimato una traduzione stupenda e fra poco ne beneficerete tutti quanti" - "Quanto sono bravo/a, ho superato draghi viola e mille difficoltà ma finalmente sono il CEO di me stesso/a..." Ebbene sì... Se non si fosse capito, gli unici post che non sopporto su LinkedIn sono quelli volti ad autoincensare chi li scrive. E voi cosa ne pensate? Le polemiche sono ben accette! Foto di Игорь Левченко da Pixabay Movies, video games or TV series? If I were asked which of them I prefer to translate, I would not know what to say. Each medium and each story engages me differently, so it would be very hard to choose just one of them. When translating a TV series I have many days or weeks to know my characters better, so I can deepen their psychologies and backgrounds. On the opposite, a film doesn't allow you to study the characters so thoroughly, but it offers you a real challenge, that is a limited time to tell a story. Last but not least, video games have a full stuck of technical elements that you must consider. An excellent translation is not enough if you don't follow the rules of this peculiar medium. Do you have the same "problem"? Please let me know here below: Foto di Mike Foster da Pixabay Alcune traduzioni sono come montagne da scalare. Fin dalla prima lettura del testo, ecco spuntare le insidie che ci accompagneranno per tutto il lavoro di ricerca e traduzione. Altre ancora sembrano comode strade di campagna, larghe e pianeggianti, salvo poi deviare bruscamente verso sentieri impervi e scoscesi. Riferimenti culturali, frasi idiomatiche, sigle, acronimi, unità di misura... Quanti ostacoli possono pararsi sulla strada del traduttore! Anche quando la traduzione scorre liscia e senza intoppi, nuove difficoltà sono pronte a sbarrarci la strada. La soddisfazione che si prova dopo averle superate, però, ci ripaga di ogni sforzo! Foto di Hans Braxmeier da Pixabay Un testo nn rileto puà causre grossi danni. Quanto dà fastidio una frase scritta in questo modo? Eppure non è un esempio isolato. Sia in rete sia nella realtà che ci circonda è molto facile imbattersi in frasi o parole pubblicate senza un adeguato controllo. Un esempio? Qualche giorno fa ho acquistato il dentifricio di una nota marca e mi sono accorta, con grande stupore, che su uno dei due lati del tubetto c'era scritto "inspirato" invece di "ispirato". In un ambito delicato come il markeitng, una traduzione distratta ha delle ripercussioni sul prodotto. La revisione, in molti casi, conta quanto la traduzione stessa! Ecco perché noi traduttori e traduttrici dobbiamo essere i revisori di noi stessi. Dobbiamo rileggere ed esaminare il testo in modo critico per cercare con il lanternino eventuali imprecisioni, anche le più insignificanti. Quando mi accorgo di aver riletto troppe volte la traduzione e capisco di non essere sufficientemente critica, decido di lasciarla "decantare" per alcune ore e di tornare a leggerla a mente lucida. E voi quali strategie usate per revisionare i vostri testi o traduzioni? Foto di Gerd Altmann da Pixabay I traduttori e le traduttrici freelance sono, a tutti gli effetti, degli imprenditori. Anche se spesso ci soffermiamo solo sull'aspetto creativo e romantico del mestiere, non possiamo tralasciare le sue caratteristiche più commerciali e, magari, più difficili da gestire. Non c'è freelance che non debba fare i conti con l'autopromozione. Se da un lato è importante mantenere un buon rapporto con i clienti storici, è fondamentale essere sempre pronti a trovarne di nuovi e a gestire al meglio le comunicazioni con tutti loro. Dobbiamo imparare a compilare in modo ottimale le fatture e a inviarle per tempo, altrimenti possiamo scordarci il pagamento per quel progetto che ci ha richiesto tante ore di lavoro e innumerevoli ricerche. È necessario restare sempre aggiornati sulla terminologia e sui nuovi software, così da non diventare "dinosauri" del settore - anche se adoro i dinosauri! Ultimo ma non ultimo, è fondamentale costruirsi una solida rete di contatti. Parlare con i colleghi, non smetterò mai di dirlo, ci aiuta a uscire dalla modalità topo da computer e a ridimensionare tanti ostacoli che credevamo insormontabili. Foto di MichaelWuensch da Pixabay Se c'è un aspetto della traduzione che non smette di affascinarmi, è l'obiettivo di dover "ingannare" i nostri lettori. Ogni atto di traduzione, infatti, è estremamente artificioso. Prendiamo un testo scritto e pensato in una cultura diversa dalla nostra, magari proprio agli antipodi rispetto a tutto quello che conosciamo, e lo modelliamo fino a renderlo accessibile al nostro lettore. Questo implica dover mascherare il testo, nascondere la sua natura estranea. Persino il più piccolo frammento di testo dovrà illudere il lettore e dargli l'impressione che quel libro, film o videogioco sia stato ideato proprio nella SUA lingua madre. La traduzione è davvero l'arte dell'inganno. Eppure si tratta di uno degli inganni più affascinanti e, lasciatemelo dire, necessari, a questo mondo. A few days ago, I came across yet another Facebook post written by an aspiring translator offering to work for free to gain experience. I immediately replied to his post, saying that I was sick and tired of reading something like that. I wasn't angry with this young translator, but with the self-styled translators who commented on it, encouraging him to work for free. That is why I made a shortlist with my 4 tips for those who want to start a career in the translation field: 1. Never underestimate your job. You are qualified for that, so don't accept poor rates just to "gain experience". 2. Read as much as you can. A good translator is, above all, an excellent reader. You can't be a translator if you read the last book in middle school. 3. Be curious. None of us is a know-it-all, but we usually face a wide range of topics. 4. Be ruthless. You will need to read your translation as if someone else wrote it, and you'll often ruthlessly edit it. Foto di Gabriele Lässer da Pixabay Tradurre è un lavoro artigianale. Non saprei come altro descrivere un lavoro fatto di precisione, cura per il dettaglio, intuito e tanta esperienza. Se vi sembra strano paragonare la traduzione all'artigianato, pensate a quanto tempo è necessario per assicurarsi che un testo sia pronto per essere inviato al cliente! Dobbiamo leggerlo una prima volta, poi una seconda e magari una terza (mi fermo qui con l'elenco). Procediamo con la traduzione, svolgiamo ricerche terminologiche e dobbiamo essere i revisori di noi stessi. È un lavoro fatto di continui controlli, di ritocchi e piccole o grandi modifiche. È necessario aggiornarsi e disporre degli strumenti del mestiere, anche se non si tratta di forbici o martelli. Ultimo ma non ultimo, è un lavoro in cui l'esperienza gioca un ruolo fondamentale. Insomma, più traduciamo e più affiniamo la nostra arte. Sottotitoli nella vita reale.
Non è una proposta, è quello che mi succede abitualmente dopo una giornata passata davanti allo schermo del PC. A furia di sottotitolare video, finisco per immaginarmi le frasi che sento e che dico come fossero parte di un grosso software di sottotitolazione. Mi sembra persino di vedere le ripetizioni da eliminare e i cartelli per indicare chi parla. Quando si dice "essere tutt'uno con il proprio PC". Succede anche a voi? Sono curiosa! Foto di Gerhild Klinkow da Pixabay CAT tool e traduzioni. A differenza di quanto ci suggerisce Google Traduttore, i CAT tool non sono strumenti per gatti. O meglio, sono anche per loro, visto che gli amici felini hanno l'abitudine di insediarsi sui computer di traduttori e traduttrici. Nei giorni scorsi ho avuto modo di pensare a quanto i CAT tool siano utili nel mio lavoro di tutti i giorni. Certo, non posso utilizzarli per i sottotitoli o per la traduzione dei dialoghi, ma devo ammettere che il loro contributo è fondamentale nella traduzione di molti videogiochi e applicazioni. Negli ultimi anni, infatti, i software di traduzione assistita hanno fatto passi da gigante. Ma questo non vuol dire che ci debbano sostituire: sta a noi professionisti capire come sfruttarli al meglio. Ci sono diversi settori in cui tali software sono ormai indispensabili. Ci consentono di accelerare il lavoro e, di conseguenza, di accettare incarichi più corposi. Se utilizzati in maniera corretta, questi strumenti tecnologici si rivelano un valido aiuto per il professionista della traduzione. Tradurre le cosiddette lingue morte è un ottimo esercizio di traduzione. Non amo particolarmente l'aggettivo "morte" perché si tratta pur sempre di lingue che hanno avuto, come tutte, una loro evoluzione e uno stretto legame con i popoli che le parlavano. Qualche giorno fa, rispondendo a un bel commento di Beatrice Ceruti su un mio precedente post, mi sono venute in mente le numerose versioni di greco e latino affrontate negli anni del liceo. Forse, leggendo questo post, qualcuno di voi ripenserà con orrore ai cinque anni trascorsi su quei pesanti dizionari e i relativi libri di grammatica. È vero, anche io non avevo certo 9 e 10 in quelle materie, anzi... Eppure, a distanza di qualche anno dal mio diploma (non chiedetemi la data esatta), posso affermare che le famigerate versioni di latino e di greco sono state un ottimo esercizio per la traduttrice che sarei diventata un giorno. La razionalità del latino e le mille sfumature del greco mi hanno permesso di approcciarmi ai videogiochi, alle serie TV e ai film che traduco con uno sguardo diverso, forse più aperto, e non smetterò mai di ringraziare quelle lingue antiche per il loro contributo. Adesso passo la palla a voi, cari traduttori e care traduttrici della mia rete: cosa ne pensate? Foto di Rahul Yadav da Pixabay Le canzoni che amiamo ci aiutano ad apprendere le lingue. È capitato anche a voi di imparare o perfezionare una lingua straniera proprio grazie alla musica? A me è successo con la lingua inglese e le canzoni dei Queen. Da ragazzina leggevo e rileggevo avidamente i testi di Freddie Mercury e compagni fino a consumare le pagine di una splendida edizione in due volumi con testo a fronte. Questa lettura non mi servì solo a memorizzare le parole delle canzoni, ma anche ad apprendere nuovi vocaboli e, soprattutto, nuove espressioni idiomatiche. Credo che, sotto sotto, la passione per la traduzione sia nata proprio in quel momento. Tradurre le canzoni è, a mio avviso, un'impresa titanica, pari solo alla traduzione delle poesie. È vero, non tutte le traduzioni che circolano in rete restituiscono il sapore dell'originale, ma se non altro riescono a costruire un ponte fra chi ama la musica e, al tempo stesso, cerca in tutti i modi di padroneggiare al meglio una seconda o una terza lingua. I dialetti italiani al cinema e in TV.
Qualche giorno fa, in un mercatino di libri usati, ho messo le mani sul primo volume del Dizionario dei dialetti d'Italia. Questo piccolo ma utilissimo dizionario è uscito per la prima volta nel 1983, non proprio l'altro ieri. Eppure il suo scopo, quello di preservare l'immenso patrimonio di dialetti che caratterizza la nostra penisola, risulta ancora condivisibile. Mi sono allora venuti in mente alcuni esempi di traduzioni e adattamenti italiani che hanno scelto di avvalersi proprio dei dialetti per restituire le numerose varietà linguistiche presenti nel testo di partenza. Come traduttrice di audiovisivi, l'avrete già capito, i primi esempi a cui ho pensato provengono proprio dal mio ambito. Non starò qui a soffermarmi sull'adattamento italiano de I Simpson, anche se rappresenta uno dei casi più noti, ma dobbiamo ammettere che questo adattamento è uno dei più famosi mai realizzati nel nostro Paese. Tale scelta è stata spesso oggetto di controversie, o la si ama o la si odia. Alcuni professionisti del settore, così come alcuni spettatori, adorano l'uso di dialetti e regionalismi al posto di una determinata lingua straniera. Altre persone, invece, proprio non tollerano questa "intrusione" e percepiscono la presenza del dialetto o di uno spiccato accento regionale come un tentativo forzato di addomesticamento del prodotto in questione. Voi cosa ne pensate? È giusto usare dialetti e regionalismi nelle nostre traduzioni? Possiamo usare un linguaggio inclusivo senza ricorrere allo schwa e agli asterischi.
Può sembrare fantascienza pura, ma la lingua italiana ci permette di esprimerci in modo inclusivo e, al tempo stesso, di comunicare in modo efficace. L'utilizzo di schwa e asterischi, almeno per il momento, non risulta alla portata di chi usa i social in modo distratto. Se vogliamo raggiungere un pubblico medio e farlo in modo immediato, credo che non sia ancora possibile optare per le due soluzioni con cui ho aperto questo post. È vero, ricorrere a giri di parole e sinonimi richiede più tempo, ma i nostri sforzi saranno ricompensati. La lingua italiana è ricca di termini e verbi che possiamo utilizzare per evitare di rivolgerci a un genere specifico, basta solo fare un po' di attenzione. "Ti diamo il benvenuto", per esempio, è un ottimo modo per non specificare il genere a cui ci stiamo riferendo, anzi, per comprendere più generi. "Corpo docente" è una valida soluzione per riferirsi a chiunque insegni in una determinata scuola o istituzione. Come traduttrice di audiovisivi, ritengo fondamentale adottare strategie per rivolgersi a tutti i gamer, non solo a quelli di sesso maschile. Una semplice frase come "Vuoi davvero uscire dal gioco" rappresenta l'esempio perfetto di inclusività, senza il bisogno di ricorrere a simboli o lettere non ancora alla portata di un pubblico generico. Tutto è traduzione.
Lo sanno anche Newton Pitagorico e Pico de Paperis, protagonisti di una splendida storia che ho da poco letto sulle pagine di Topolino. Un breve ripasso su Pico de Paperis. Saccente, preparato in qualsiasi ambito e insignito di numerose lauree, l'esimio studioso vanta conoscenze che spaziano dai lepidotteri all'esperienzologia applicata. Nella storia in questione, Pico deve insegnare al giovane Newton l'importanza delle lingue straniere. Ogni idioma, spiega il papero più colto di Paperopoli, si modella per l'influenza dell'ambiente e per il bisogno di distinguersi. Anche se le diversità fra le varie lingue possono sembrare un ostacolo alla comunicazione, è proprio la loro diversità a renderle tanto affascinanti. Per citare Pico: "Più lingue impareremo, più aggiungeremo sfumature alla nostra esperienza!". È anche vero, come afferma il piccolo Newton, che "Esiste sempre la traduzione". Trovo che queste riflessioni sulle lingue straniere e sulla traduzione siano davvero efficaci per capire l'importanza della traduzione. Ogni lingua porta con sé un intero mondo, anzi, un universo ricco di sfaccettature meravigliose. Purtroppo nessuno di noi, a differenza di Pico de Paperis, ha la facoltà di parlare tutte le lingue del mondo! Ecco perché la traduzione è l'indispensabile ponte fra popoli e culture. Un ponte spesso dato per scontato, eppure così importante. Se vi ho incuriositi, trovate la storia a cui mi riferisco su Topolino n. 3421. Foto di nugroho dwi hartawan da Pixabay Per iniziare al meglio la settimana lavorativa, ho deciso di sfatare 5 falsi miti sul lavoro del traduttore: 1. Traduttore = dizionario umano No, non siamo dizionari umani. Non mi stancherò mai di ripeterlo! Conosciamo tantissime parole/modi di dire/proverbi sia nella nostra lingua madre sia nelle lingue da cui traduciamo, ma di sicuro non siamo dizionari ambulanti. 2. Per fare il traduttore basta sapere bene [inserire lingua] I famosi quattro giorni a [inserire città] non fanno di te un professionista del settore. E anche se sai davvero bene una seconda lingua, non sei in automatico un traduttore. 3. Un bilingue è avvantaggiato Non per forza. Alcuni bilingue sono ottimi traduttori perché hanno intrapreso un percorso formativo specifico, ma esere bilingue non ti trasforma in automatico in un traduttore. 4. Per tradurre un testo breve ci vuole poco tempo Dipende dal testo! A volte possiamo soffermarci sulle stesse due parole per mezz'ora e non riuscire comunque a capire quale sia la traduzione corretta. La difficoltà di un testo non dipende solo dalla sua lunghezza, ma da tanti altri fattori. 5. Per tradurre testi tecnici non serve saper scrivere bene Ahi, come soffro. Un traduttore è, prima di tutto, uno scrittore. Certo, a seconda dell'ambito in cui si lavora non sono richieste doti creative, ma qualunque testo ha il requisito fondamentale di essere chiaro e immediato. Provate a immaginare un manuale di istruzioni scritto in modo contorto e magari con un largo uso di sinonimi: il disastro domestico è dietro l'angolo! Vi vengono in mente altri miti da sfatare? Ho un'intervista di lavoro. Ho inviato la mia applicazione. Due frasi, due errori. Se fosse un quiz a premi, ora partirebbe il suono di un enorme pulsante rosso, pronto a squalificarmi dal gioco. Sono sicura che in tanti, non solo fra i colleghi traduttori, siano stufi di certi orrori linguistici che infestano l'ambito lavorativo, sia nello scritto sia nel parlato. Mi riferisco a quella pletora di calchi e prestiti che rientrano nel cosiddetto "itanglese", una creatura ibrida fra inglese e italiano che vive e si nutre della pigrizia dei parlanti. Lo so, andiamo di tutti di fretta. Siamo sempre di corsa e le nostre parole sembrano dover sottostare agli stessi ritmi incessanti. Non c'è tempo per tradurre, per articolare i pensieri in modo complesso e organizzato. È molto più facile usare, anzi, ab-usare di una parola già pronta, già confezionata, che consente il minimo sforzo e il massimo (?) rendimento. Non dico tutto questo per ergermi a paladina della lingua italiana, per quello esistono già persone e istituzioni più qualificate di me. Però vorrei chiedere a tutti di rallentare. Fermiamoci, ogni tanto, e poniamoci la seguente domanda: questa parola esiste anche nella mia lingua? Il più delle volte, se ci pensate, la risposta è sì. E ora mi rivolgo a voi: qual è il termine itanglese che proprio non sopportate? Sono curiosa! |
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